A piedi scalzi, marcia di preghiera a Cassibile

Marceremo in silenzio, per chiedere perdono a Gesù, morto in Croce per noi, per chiederGli ancora una volta aiuto

A piedi scalzi, marcia di preghiera a Cassibile
Padre Salvatore Arnone, Parroco di Cassibile

A piedi scalzi, marcia di preghiera a Cassibile
di Annalisa Amico
CASSIBILE – La Pasqua ormai è alle porte e sono molte le comunità parrocchiali che rimarcano le orme quaresimali con iniziative e preghiera. Nella chiesa di San Giuseppe, don Salvatore Arnone, continua a ravvivare i Segni che precedono la Veglia delle Veglie, sorretto dai gruppi fuori e dentro le mura della parrocchia, attivati, anzitempo, quali sentinelle pasquali.

Il Venerdì Santo, oltre alle celebrazioni previste, questo combattivo parroco, ha deciso che percorrerà alcune strade di Cassibile a piedi scalzi; chi volesse condividere con lui questo pellegrinaggio di invocazione, lo troverà per le trazzere del “paeseddu”, dopo la mezzanotte, scalzo e in buona compagnia. La luna si è già prenotata e non soltanto lei. Saremo in molti, pare, a fiancheggiarlo in questa piccola impresa di preghiera. Marceremo in silenzio, per chiedere perdono a Gesù, morto in Croce per noi, per chiederGli ancora una volta aiuto, grazia, per chi intorno a noi sta lottando contro il cancro e altre malattie, contro la frantumazione familiare, contro la disoccupazione, contro il dolore delle grandi perdite. Me lo sono chiesta anch’io quando padre Salvo ha condiviso la sua iniziativa con l’assemblea domenicale: a cosa servirà? Ma poi penso a quel Vescovo con la 500, don Tonino Bello, e alla sua marcia della pace che lo portò a Sarajevo. Partirono in 500 da Ancona il 7 dicembre del 1992 e giunsero alle prime luci dell’alba per portare conforto, un thè caldo e una nuova ONU della pace alla gente martoriata dalla guerra. E penso anche a Chiara Lubich, che ancora oggi sfolgora e rivive, tra le azioni e intenzioni del movimento dei focolari. E molti altri ancora saprebbero parlare, tra queste righe, con piccole imprese (come quella arnoniana) o con gesta più grandi, di speranza, fratellanza, giustizia: tasselli che imbastiscono il mosaico della buona umanità.

La mamma di Emanuele Morganti, che ha dovuto accompagnare suo figlio di appena 20 anni alla sua dimora eterna, come agnello “sacrificato” in nome di una violenza sempre più dilagante, durante il funerale ha detto: “Dio non ha chiamato Emanuele a sé, lo ha solo ricevuto dalla cattiveria degli uomini”. Lui e tanti altri, strappati a questo mondo e alle braccia di tante madri che, come Maria rinnovano, sotto la croce, il proprio dolore, forse avrebbero avuto una chance in più se qualcuno avesse insegnato ai loro aguzzini i simboli della pace, della tolleranza, del valore della vita e dell’amore e se qualcuno avesse acceso una lampara per loro, anche una sola scintilla di fede, nel buio della propria rabbia. E perché no? Se qualcuno avesse camminato, anche per loro, a piedi scalzi e a cuore spoglio, avrebbero imparato a PREGARE invece che ad uccidere!

Ringraziamo Morena Zingales e il suo spazio giornalistico. Grazie a nome di tutta la comunità

 

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Giornalista pubblicista