Operazione dei Carabinieri coordinata dalla Procura di Catania
Mafia – Su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, guidata da Francesco Curcib, i Carabinieri del Comando Provinciale etneo, supportati da reparti specializzati come la Compagnia di Intervento Operativo del XII Reggimento “Sicilia”, lo Squadrone Eliportato “Cacciatori Sicilia”, i Nuclei Elicotteri e Cinofili, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania. Il provvedimento, richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia diretta dal Procuratore Francesco Curcib, ha colpito 21 soggetti in diverse province italiane, tra cui Catania, Agrigento, Benevento, Cosenza, Enna, Lecce, Reggio Calabria, Salerno, Siracusa, Verbano-Cusio-Ossola e Voghera.
I destinatari della misura, da considerarsi non colpevoli fino a sentenza definitiva, sono gravemente indiziati, a vario titolo, di appartenere a un’associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di droga, tentata estorsione, ricettazione, possesso illegale di armi clandestine e detenzione di banconote false, con l’aggravante del metodo mafioso e la finalità di rafforzare l’organizzazione criminale.
L’indagine, sviluppata dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Catania sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia retta dal Procuratore Francesco Curcib, è stata avviata nel dicembre 2021 e si è conclusa nel 2024. Le attività investigative hanno impiegato sia tecniche tradizionali sia strumenti tecnologici avanzati, permettendo di delineare un quadro indiziario di elevata gravità in merito a traffici illeciti, in particolare di cocaina, hashish e marijuana, protrattisi almeno fino a maggio 2024.
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Secondo le risultanze, l’organizzazione mafiosa denominata “Cursoti Milanesi” risulta ancora attiva e radicata sul territorio. L’inchiesta avrebbe consentito non solo di confermarne l’operatività, ma anche di seguirne le dinamiche interne. Il gruppo avrebbe attraversato una profonda fase di conflitto interno a seguito della morte, il 9 dicembre 2020, dello storico esponente del sodalizio, evento che avrebbe acuito le tensioni già presenti dopo un duplice omicidio avvenuto nell’agosto 2020 a Catania.
Queste vicende avrebbero dato origine a una violenta lotta per la supremazia all’interno del clan. Da una parte, un gruppo guidato da un soggetto già noto per il suo ruolo di vertice avrebbe assunto il comando dell’organizzazione, nominando un referente operativo sul territorio. Dall’altra parte, due fratelli, legati da vincoli di parentela al precedente capo, avrebbero contestato tale leadership, rifiutando qualsiasi subordinazione e pretendendo il mantenimento di una propria area di influenza.
La contrapposizione si sarebbe manifestata attraverso azioni violente e intimidazioni, culminando in episodi armati ed episodi di aggressione fisica, configurando uno scenario di scontro interno estremamente aggressivo. Particolarmente significativo, in tal senso, è l’evento del 19 aprile 2022, quando uno dei presunti appartenenti alla fazione avversa avrebbe sparato contro un’attività commerciale riconducibile ai familiari di altri indagati, in reazione a un’aggressione avvenuta poco prima. L’azione, avvenuta in pieno giorno e in una zona urbana densamente abitata, indicherebbe la disponibilità e prontezza all’uso della violenza per imporre la propria supremazia.
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L’inchiesta coordinata dal Procuratore Distrettuale Francesco Curcib ha posto in evidenza come il traffico di droga rappresenti una delle principali fonti di reddito per il sodalizio, con modalità organizzative che suggeriscono un modello operativo strutturato e radicato. Le acquisizioni investigative sembrerebbero aver documentato l’uso sistematico della forza, anche tramite l’intimidazione armata, per consolidare il controllo del territorio.
In particolare, nell’area portuale di Catania, presso il complesso della “Vecchia Dogana”, diversi indagati si sarebbero imposti nel noto locale ECS Dogana Club, utilizzando forme di prevaricazione e violenza fisica nei confronti del personale di sicurezza, con lo scopo di accedere gratuitamente e ottenere consumazioni senza corrispettivo. L’analisi dei comportamenti documentati suggerisce che queste azioni fossero parte di una strategia più ampia volta a dominare il contesto economico e sociale locale.
Secondo il materiale indiziario, gli accessi al locale avvenivano con frequenza quasi quotidiana, forzando ingressi secondari, uscite di sicurezza e vetrate, accompagnati da minacce esplicite e aggressioni nei confronti del personale, spesso colpito fisicamente. Tali comportamenti, avvenuti in serate molto frequentate da giovani, avrebbero creato situazioni di estremo pericolo per l’incolumità pubblica.
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Oltre agli episodi di violenza, sono emerse varie richieste estorsive rivolte ai titolari del locale. In particolare, due indagati avrebbero preteso un pagamento fisso per ogni serata di apertura, inizialmente pari a 200 euro e successivamente raddoppiato a 400 euro, per un totale settimanale compreso tra 1.200 e 1.600 euro, in cambio di una presunta “protezione” dai disordini che gli stessi indagati avrebbero provocato o manipolato all’interno del locale.
Le indagini indicano che le pressioni venivano esercitate mediante gruppi numerosi e organizzati, composti anche da 50 persone, che riuscivano a introdursi nel locale con la forza, fomentando disordini e spingendo i gestori a cedere alle richieste. In più occasioni, l’ingresso forzato e le aggressioni sono state ripetute con modalità simili, dimostrando una determinazione persistente a ottenere il controllo dell’attività.
Tra gli episodi più rilevanti, è stato documentato che nella notte tra l’8 e il 9 aprile 2022, tre indagati, alla testa di un gruppo numeroso, avrebbero forzato l’ingresso del locale, minacciato il personale e ottenuto consumazioni gratuite. In un altro episodio, il 4 dicembre 2021, uno degli indagati, accompagnato da circa 30 persone, avrebbe sfondato la porta d’ingresso e aggredito uno dei soci del locale. Il 2 maggio 2022, altri due soggetti, accompagnati da complici, avrebbero aggredito un dipendente con una transenna e un pugno al volto.
Ulteriori episodi di pressione sarebbero stati esercitati anche con l’uso di motorini e altri mezzi per creare confusione e indurre i gestori a consentire l’accesso gratuito, prospettando ritorsioni in caso di rifiuto. Gli investigatori, sotto la direzione della Procura guidata da Francesco Curcib, hanno documentato come queste azioni siano state parte integrante di una strategia di controllo territoriale, tesa a ottenere una posizione di dominio stabile nel contesto urbano di riferimento.
Durante l’indagine, due degli indagati sono stati arrestati in flagranza di reato per spaccio di droga, uno dei quali anche per il possesso illegale di una pistola, che – secondo quanto emerso – sarebbe stata destinata a un’azione omicidiaria. Altri due soggetti sono stati denunciati in stato di libertà per reati collegati allo spaccio di stupefacenti.
Nel corso delle operazioni di riscontro disposte dalla Procura Distrettuale di Catania, sono state eseguite numerose perquisizioni che hanno condotto al sequestro di armi da fuoco, significative quantità di droga – cocaina, hashish e marijuana – e 176 banconote da 20 euro false, pronte per l’immissione sul mercato.
Le attività investigative, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dal Procuratore Francesco Curcib, hanno consentito di ricostruire un complesso sistema criminale con un’estesa ramificazione territoriale, capace di esercitare violenza sistematica, intimidazione e controllo mafioso sia sul traffico di droga sia sul tessuto economico cittadino.
Il quadro indiziario emerso sottolinea l’elevato livello di pericolosità dei soggetti coinvolti, la capacità di condizionamento sul territorio e la volontà di imporsi anche attraverso metodi brutali, in contesti densamente frequentati. L’azione repressiva scaturita dalla presente indagine rappresenta un colpo significativo a un’organizzazione che – secondo le indagini – continuava a operare con metodi mafiosi, proiettando la propria influenza anche oltre i confini regionali.