Coronavirus: Oms, probabile trasmissione da uomo a uomo se contatto prolungato

Coronavirus-ce-qu-il-faut-savoir_reference(CSB.com3.0) ROMA – Il coronavirus può trasmettersi da uomo a uomo, ma non in modo generalizzato. E’ il messaggio cauto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, da Riyad in Arabia Saudita, dove è stato registrato il maggior numero di casi di contagio. Nel mondo sono 34, una ventina i decessi.

Il contagio avviene in caso di contatto prolungato con una persona malata, ad esempio tra familiari. “I casi di trasmissione da persona a persona sono rimasti limitati a piccoli gruppi e finora non ci sono prove che il virus abbia la capacità di trasmettersi in maniera generalizzata”, ha affermato l’assistente direttore generale dell’Oms Keiji Fukuda.

Quindici le vittime in Arabia Saudita, tra cui Mohammed Al-Sheikh, morto a 56 anni. Visitandolo in ospedale, anche il figlio si è ammalato, ma non è chiaro se abbia contratto il coronavirus, mentre uno dei fratelli è risultato positivo.

“Ha avuto un’infezione polmonare e poi tutto si è aggravato, i reni non hanno più funzionato, poi è morto”, afferma Hussein Al-Sheikh.

Oltre al Medio Oriente, casi di coronavirus sono stati registrati in Regno Unito, Germania e Francia. In quest’ultimo Paese è stato confermato un secondo contagio, un paziente che aveva condiviso la stanza con uomo risultato già positivo agli esami.

Domenica 12 maggio sono stati segnalati in Francia due casi di infezione da un nuovo virus, che da pochi giorni ha un nome: si chiama Mers-CoV, ovvero Middle East respiratory syndrome-coronavirus (coronavirus della sindrome respiratoria del Medio Oriente) ed è stato isolato per la prima volta nel giugno del 2012 in un paziente ricoverato all’ospedale di Jeddah, in Arabia Saudita, da Ali Mohamed Zaki, microbiologo egiziano. Poi è stato trovato in pazienti di Qatar, Giordania ed Emirati Arabi Uniti.

In Europa
In Gran Bretagna c’è già stato un focolaio di tre pazienti, il primo dei quali sembra aver contratto l’infezione durante un pellegrinaggio religioso in Arabia Saudita. Un caso mediorientale è stato ricoverato in Germania. E anche i due casi citati in Francia, e un terzo caso sospetto, sembrano originare da un primo paziente appena tornato da un viaggio negli Emirati Arabi Uniti (vedi il comunicato del Ministero degli affari sociali e della sanità francese), che ha trasmesso l’infezione al suo vicino di stanza in ospedale e poi, forse, se i test confermeranno i sospetti, anche a un infermiere che lo ha avuto in cura. Ma, dice François Bricaire, responsabile del servizio malattie infettive dell’Hôpital de la Pitié Salpêtrière di Parigi, «non c’è motivo di farsi prendere dal panico». Perché se il primo caso francese era inatteso e quindi non erano in atto tutte le precauzioni necessarie, ora gli infettivologi europei sanno di avere a che fare con un coronavirus e i pazienti sospetti vengono messi in isolamento precauzionale.

Allerta mondiale
L’Oms ha infatti invitato ad alzare la guardia: “incoraggia gli stati membri a una sorveglianza continua per tutti i casi di infezione respiratoria acuta grave e a tenere d’occhio qualsiasi andamento anomalo. In particolare consiglia ai medici di vigilare sulle patologie respiratorie acute in viaggiatori di ritorno dalle aree colpite”. Non raccomanda invece “particolari misure di protezione nei punti di ingresso dei viaggiatori dall’estero né restrizioni su viaggi o commerci”.

In Italia siamo pronti
A oggi non sono stati segnalati casi sospetti nel nostro Paese, lo precisa il Ministero, che aggiunge che “in Italia è già attiva una rete di sorveglianza delle gravi infezioni respiratorie acute (SARI) e delle sindromi da distress respiratorio acuto (ARDS) che coinvolge gli uffici periferici del Ministero e le strutture regionali. Inoltre, è presente una Rete nazionale per la gestione della sindrome da insufficienza respiratoria acuta grave da polmoniti, con eventuale utilizzo della terapia ECMO”. In altre parole: l’epidemia di Sars di 10 anni fa è servita a creare una rete di 14 centri in cui si pratica la terapia ECMO, cioè l’ossigenazione extracorporea a membrana, una metodica di supporto vitale per il trattamento delle insufficienze respiratorie acuta più gravi, e quindi siamo pronti a ogni evenienza, non c’è motivo di preoccuparsi (vedi altre informazioni sull’ECMO da WikiPedia e sulla pagina dei Centri ECMO in Italia)

Trasmissione non facile
Che cosa si sa di questo virus? Non molto per la verità. È un coronavirus, quindi uno stretto parente del virus che dieci anni fa, nel 2003 causò la SARS (Severe acute respiratory syndrome, cioè sindrome acuta respiratoria grave). Quell’infezione, originaria della Cina meridionale, in 9 mesi, tra novembre 2002 e luglio 2003, infettò 37 paesi causando la morte di 775 persone su 8.273 infetti accertati, con una mortalità del 9,3%. Poi scomparve senza essere stata debellata. Il virus comparso l’estate scorsa nella Penisola Arabica è della stessa famiglia, ma non è detto che crei lo stesso allarme. Nonostante infatti siano passati ormai 12 mesi dall’isolamento del virus, l’aggiornamento dell’Oms del 9 maggio 2013 (che non tiene ancora conto dei casi francesi, confermati solo il 12 maggio), elenca 33 casi e 18 vittime. Il virus infatti sembra per adesso trasmettersi solo in caso di vicinanza prolungata e contatti stretti, come quelli fra membri della stessa famiglia, o persone che hanno convissuto nella stessa stanza, come nei casi di trasmissione ospedaliera.

Forse viene dai pipistrelli
Non si sa esattamente nemmeno da dove provenga. Nel novembre 2012 la Health Protection Agency britannica ha pubblicato la sequenza genetica del coronavirus, che sembra strettamente imparentato con un coronavirus identificato in pipistrelli africani del Ghana e tedeschi. Ma prima di arrivare all’uomo potrebbe aver trovato un intermediario animale non ancora noto.

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