La madre della vittima: “Delitto lucido, l’assassino ha nascosto l’arma”
Omicidio Campanella – L’ipotesi di una perizia psichiatrica avanzata dalla difesa di Stefano Argentino, il giovane accusato di aver ucciso a coltellate Sara Campanella il 31 marzo scorso a Messina, viene duramente contestata dalla rappresentante legale della madre della vittima. Concetta La Torre, avvocato di Cetty Zaccaria, ritiene che si tratti di una strategia difensiva ricorrente nei casi di femminicidio, mirata ad attenuare la responsabilità penale dell’imputato.
Secondo l’avvocato, l’idea che Argentino possa aver agito in preda a un disturbo psichico è smentita dai comportamenti lucidi mostrati dallo stesso ragazzo dopo l’omicidio. Tra questi, il tentativo di far sparire il coltello utilizzato per il delitto e il presunto occultamento degli abiti sporchi di sangue. Per la legale, tali azioni sono indice di piena coscienza e consapevolezza delle proprie azioni.
Il quadro descritto si inserisce in una vicenda drammatica che ha visto la morte di una giovane studentessa universitaria, originaria di Misilmeri (Palermo), uccisa brutalmente dal suo collega. Il ragazzo, reo confesso, avrebbe perseguitato la vittima sia psicologicamente che fisicamente, arrivando a pedinarla in diverse occasioni. Per l’accusa, all’origine del gesto vi sarebbe l’incapacità di accettare un rifiuto, una dinamica che secondo la legale è tristemente comune in molti casi di femminicidio.
La Torre, che in passato ha già seguito procedimenti simili, come quelli relativi alle morti di Lorena Quaranta e Alessandra Musarra, sottolinea come questi omicidi siano spesso compiuti da soggetti che non presentano reali problematiche psichiatriche, ma che agiscono mossi da impulsi legati al possesso e al controllo. In questo contesto, l’avvocata contesta l’opportunità di una perizia, ritenendola un tentativo infondato di ottenere una riduzione della pena.
La difesa di Argentino, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Cultrera, ha spiegato di aver riscontrato segni di disagio nel proprio assistito e di voler approfondire la questione tramite una valutazione medica. Tuttavia, la legale della parte civile osserva che persino la madre dell’imputato, nelle sue prime dichiarazioni pubbliche, non ha mai fatto riferimento a comportamenti anomali del figlio. Al contrario, lo ha descritto come “un bravo ragazzo”, affermazione che, secondo l’accusa, dimostrerebbe l’assenza di segnali pregressi di instabilità.
Un altro elemento portato all’attenzione è proprio la gestione post-delitto da parte dell’omicida. Il mancato ritrovamento dell’arma del delitto e la scomparsa del giubbotto indossato durante l’aggressione, che si presume fosse sporco di sangue, rafforzano la convinzione della parte civile che l’assassino abbia agito con piena lucidità mentale. Tali comportamenti, infatti, fanno pensare a un tentativo consapevole di ostacolare le indagini e cancellare le tracce del reato.
Secondo l’avvocata, l’indagine ha già fornito un quadro chiaro e completo sulla responsabilità dell’imputato, sia dal punto di vista della volontà dell’atto che dei motivi che lo hanno scatenato. Per questo, il ricorso a una perizia non sarebbe giustificato e non cambierebbe l’esito atteso del processo. La Torre ha affermato che, a prescindere da tali sviluppi, i familiari della vittima confidano in una sentenza che riconosca la gravità del reato e condanni in maniera adeguata il colpevole.
Il confronto tra le due famiglie coinvolte nella tragedia è stato un altro punto toccato dall’avvocata. La Torre ha criticato le dichiarazioni della madre dell’omicida, ritenendole inadeguate e irrispettose nei confronti del dolore della madre di Sara. Il fatto che la donna abbia affermato di poter vivere momenti di emozione con il figlio, pur se in carcere, è stato giudicato come un tentativo di minimizzare l’accaduto e di porre sullo stesso piano due dolori incommensurabili.
L’avvocata ha ribadito che una madre che ama il proprio figlio non deve necessariamente giustificare ogni sua azione, ma può anche scegliere il silenzio e il rispetto per chi ha perso una persona cara. Le scuse pubbliche non sono mai arrivate, e secondo la legale, l’eventualità che arrivino ora, a distanza di tempo, le renderebbe ancora meno autentiche e ancor più inaccettabili.
Il caso ha riportato l’attenzione pubblica sulla necessità di strumenti più efficaci per prevenire i femminicidi e per tutelare le vittime di stalking e molestie, spesso sottovalutate anche quando vengono denunciate. La vicenda di Sara Campanella è, secondo la legale, un esempio drammatico delle conseguenze che possono derivare dalla mancata percezione della gravità di certi comportamenti e dalla tolleranza verso segnali che dovrebbero invece essere interpretati come allarmi precoci.
L’iter giudiziario ora prosegue, mentre la famiglia della giovane continua a chiedere giustizia, nel rispetto della memoria di una ragazza che, come tante altre, ha perso la vita per mano di chi non ha saputo accettare la sua libertà.