Tragedia Lampedusa 11 anni dopo, l’Europa non trova soluzioni

Il naufragio del 3 ottobre 2013 e la riforma fallita del regolamento di Dublino.

Tragedia Lampedusa 11 anni dopo, l’Europa non trova soluzioni

Tragedia Lampedusa 11 anni – Sono passati 11 anni dal tragico naufragio avvenuto il 3 ottobre 2013 vicino all’isola di Lampedusa, in cui persero la vita 368 persone. Quell’evento scosse profondamente l’Europa e portò alla luce il dramma umano delle migrazioni. Le vittime, persone in cerca di un futuro migliore, si trovarono intrappolate in un destino crudele e tragico. Tuttavia, nonostante la portata della tragedia, l’Unione Europea non ha ancora trovato una soluzione efficace per gestire il fenomeno migratorio.

Nel 2017, l’allora commissione LIBE del Parlamento europeo approvò una riforma del regolamento di Dublino, una misura considerata essenziale per migliorare la gestione delle richieste d’asilo e promuovere la solidarietà tra gli Stati membri. Questa riforma, approvata poi in sede plenaria dall’eurocamera, avrebbe dovuto rivedere il sistema che assegna ai singoli Stati la responsabilità di processare le richieste di asilo. Tuttavia, la proposta si bloccò in seno al Consiglio europeo, dove alcuni paesi membri si opposero al principio di redistribuzione obbligatoria dei migranti, ostacolando di fatto ogni tentativo di riforma.

Negli anni successivi, la politica migratoria dell’Unione Europea ha cambiato direzione, focalizzandosi sull’esternalizzazione delle frontiere. Questa strategia ha portato a respingimenti di migranti e a stringere accordi controversi con paesi governati da regimi autoritari, come la Libia e la Tunisia, con l’obiettivo di contenere il flusso migratorio verso il continente. Tuttavia, tali accordi hanno sollevato preoccupazioni crescenti sul rispetto dei diritti umani, specialmente in relazione alle condizioni disumane a cui sono sottoposti i migranti trattenuti nei campi di detenzione libici o abbandonati in situazioni di pericolo in Tunisia.

Nel frattempo, le morti in mare continuano ad aumentare, così come i decessi lungo le rotte migratorie terrestri, dal deserto del Sahara alle montagne innevate lungo le frontiere orientali dell’Europa. Ogni anno, centinaia di persone perdono la vita cercando di raggiungere un luogo sicuro, e il peso di queste tragedie grava sulle coscienze europee, proprio come accadde con il naufragio del 3 ottobre 2013.

Il nuovo Patto Ue per la migrazione e l’asilo, entrato in vigore a luglio 2023 dopo tre anni di negoziati, si è dimostrato inefficace nel risolvere le principali problematiche legate alla gestione dei flussi migratori. Le critiche si concentrano principalmente sui rischi di violazioni dei diritti umani alle frontiere, con un aumento delle misure restrittive e dei controlli che non tengono conto delle condizioni umanitarie dei migranti.

Non si può ignorare la situazione nei cosiddetti “lager libici”, luoghi di detenzione dove i migranti sono spesso vittime di torture, abusi e sfruttamento. Lo stesso vale per la Tunisia, dove si registrano frequenti episodi di violenze e abbandoni. Anche lungo le frontiere tra Bielorussia e Polonia, si stanno moltiplicando episodi di violenze contro i migranti, con la costruzione di muri e recinzioni di filo spinato che impediscono loro di cercare rifugio.

In questo contesto, il 3 ottobre non può essere solo una ricorrenza, ma deve rappresentare un momento di riflessione e di impegno concreto per sviluppare proposte che rispondano in modo efficace e solidale alle sfide dei fenomeni migratori. Inoltre, diventa cruciale contrastare l’ascesa delle forze politiche nazionaliste e sovraniste che promuovono la costruzione di nuovi muri e barriere, in netto contrasto con i valori fondanti dell’Unione Europea.

Il ricordo di quella tragica giornata a Lampedusa deve rimanere vivo nella memoria collettiva, stimolando azioni che proteggano i diritti e la dignità di coloro che, spinti dalla disperazione, rischiano la vita per trovare una via d’uscita dalla povertà e dalla guerra.

By Marcello Migliosi

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